Storia dell’Insonnia Familiare Fatale
Nel 1973 fu osservata una donna di 48 anni.
Astenia, stato depressivo, turbe dell’equilibrio e stipsi tenace erano i sintomi riferiti. Fu ricoverata in una Casa di Cura e dimessa 2 settimane dopo con diagnosi di: “Sindrome di Menière. Neurosi ansioso-depressiva”.
Il riposo e la terapia consigliata non apportarono alcun miglioramento. Presto si manifestarono sintomi di maggiori gravità: sonnolenza, comportamenti bizzarri, disorientamento spazio-temporale, declino della memoria. Fu ricoverata in una Clinica Universitaria.
La paziente, infatti, con sempre maggior difficoltà si reggeva in piedi. La lucidità si affievoliva rapidamente. Venne a morte 8 mesi dopo l’esordio della malattia. Ipertermia e coma furono le manifestazioni terminali. Imponente la perdita di peso. Indagini negative. Autopsia negativa: nessuna patologia encefalica macroscopica. Non si conosce l’esito di eventuali esami istologici del Sistema Nervoso Centrale. Polmonite e atrofia surrenalica furono i rilievi patologici più importanti. Cinque anni dopo la medesima affezione coinvolse una sorella: le manifestazioni e il rapido decorso furono sovrapponibili. Identica perplessità all’autopsia.
Nel 1979 fu portato a Ginevra, dal Neurologo prof. Erwin Wildi, parte dell’encefalo (mancavano cervelletto e tronco).
Egli così riferì il 12 Novembre 1979:
“L’istopatologia di questo caso è estremamente povera. La sola lesione apprezzabile è un’astrocitosi dei nuclei antero-ventrali del talamo con una degenerazione pigmentaria dei neuroni. Non trovo, qui, come rappresentanti dei neuroni, che rare sacche pigmentarie.”
Escluse Creutzfeldt-Jacob, Pick, Alzheimer, lesioni vascolari, processi infiammatori, inclusioni di aspetti virali o metabolici. La perdita neuronale talamica non fu allora correlata allo sviluppo della malattia. Fu manifesto che i 2 casi erano identici e il sospetto di una malattia ereditaria prese qualche consistenza di verità.

Le ricerche, protattesi per anni, erano state temporaneamente sospese quando, nel marzo del 1984, fu ricoverato nella I Divisione Medica di Treviso, un uomo di 53 anni, fratello delle due pazienti. La sua anamnesi personale era irrilevante. Presentava un’ipertensione arteriosa mal controllata dalla terapia che assumeva dal 1978, una sindrome ansioso-depressiva (così sembrava) ed un’incostante febbricola. Ma il paziente dichiarava, da 5 mesi, altri sintomi: decurtazione del sonno (dalle abituali 5-7 ore notturne a 2-3), interrotto da frequenti risvegli e non più ristoratore; stipsi grave, difficoltà ad iniziare la minzione, scialorrea, iperidrosi, lacrimazione, rinorrea, impotenza sessuale. Dagli esami bio-umorali risultarono lieve anemia, iperglicemia, ipertrigliceridemia, movimento delle gamma-GT.
Tac cerebrale senza rilievi patologici. Si riscontrarono elevate concentrazioni delle catecolamine e dell’acido vanilmandelico urinari, aumento del TSH prima e dopo stimolo con TRH, normale LH e ridotto FSH sotto stimolo con GnRH, normali cortisolemia (ore 8 – 23), testosteronemia e prolattinemia. Fu dimesso con diagnosi di : “ipertensione arteriosa. stato ansioso-depressivo”.
